È un caldissimo giorno di agosto quello in cui parte un tam tam generale sulla radiazione dall’Albo degli psicologi di tre professioniste alle quali va tutta la nostra vicinanza e il nostro sostegno: Cecilia Biava, Emanuela Mazzoni, Claudia Montanari.
Ma poiché siamo convinti che questo sia un attacco – l’ennesimo – alla nostra professione, non vogliamo limitarci solo ad esprimere una genuina solidarietà a Cecilia, Claudia ed Emanuela.
Abbiamo dunque atteso il comunicato ufficiale di UNICO – il costituendo coordinamento delle associazioni italiane di counseling – per esprimere più nel dettaglio alcune riflessioni che, come associazione, ci sentiamo di condividere.
I nostri storici detrattori non si può dire che brillino di creatività – specialmente da quando a tutti gli effetti rappresentano, come ben evidenziato in più passaggi dal Segretario del Mo.P.I. Rolando Ciofi, l’establishment, avendo occupato buona parte dei posti di potere che la categoria degli psicologi è in grado di esprimere – giacché da anni ormai ci hanno abituato ai soliti scomposti tentativi tesi a colpire il counseling.
In alcuni casi (pochi, a dire li vero) questi attacchi sono stati mossi direttamente a noi, in altri (la maggior parte) a pezzi di “mondi” a noi vicini, ma sempre con l’intento di danneggiarci.
Non sarà inutile un breve riepilogo di quanto è accaduto negli ultimi lustri: sarà anzi utile per rinfrescare la memoria a noi “vecchi” e per mettere al corrente i più “giovani” di un pezzo di quella che è anche la loro storia.
Abbiamo assistito alla stagione dei continui esposti alle Procure che hanno generato, per anni, molti processi penali per esercizio abusivo della professione di psicologo. Strategia, questa, che non ha mai pagato più di tanto, poiché nessun Tribunale si è mai espresso sulla legittimità dell’intervento di counseling effettuato da non psicologi. Quelle poche, pochissime condanne che l’Ordine ha ottenuto (peraltro a fronte di decine e decine di archiviazioni e assoluzioni), le ha ottenute con giudizi unicamente di merito e dunque limitate al singolo caso.
Abbiamo assistito alla stagione dell’attacco frontale alla libertà di insegnamento: ordini regionali che portavano davanti al TAR le università, ree di aprire corsi di psicologia a non psicologi; ordini regionali che emanavamo liste di proscrizione di scuole di psicoterapia, ree di erogare anche formazione in counseling a non psicologi (anche se poi alcuni esponenti di quegli stessi ordini, in quegli anni, vendevano corsi di counseling con la dicitura “aperti solo a laureati o laureandi in psicologia”, come se il laureando fosse uno psicologo tout-court); ordini regionali che tentavano in ogni modo di boicottare master di primo e secondo livello in counseling, quando aperti a non laureati in psicologia o quando erogati in partership con enti di formazione in counseling.
Fallito l’attacco alle scuole, hanno aperto la stagione della caccia agli psicologi docenti nelle scuole di counseling. Decine e decine di procedimenti disciplinari (ora aperti, ora solo paventati) per infrazione dell’articolo 21 del vecchio Codice deontologico degli psicologi italiani ottenendo, anche in questo caso, un pugno di mosche.
Abbiamo assistito alla stagione che ha visto impiegati giornalisti nel portare all’attenzione dell’opinione pubblica i gravi danni alla salute che, secondo loro, un counselor avrebbe potuto cagionare ai cittadini: inchieste, video-inchieste, telecamere nascoste e articoli compiacenti. E il tutto come si è risolto? Con un giornalista che ha subito un procedimento disciplinare a Roma (condannato) e con un altro a Torino che, unitamente a due direttori di due quotidiani nazionali, è stato rinviato a giudizio per diffamazione (il processo inizierà a settembre).
Abbiamo assistito, sia pure in sordina, ai tentativi di modificare in Parlamento l’articolo 1 della Legge 56/1989, affinché il counseling venisse ricompreso nelle competenze e nelle prerogative dello psicologo. Fortunatamente le ondivaghe vicende della politica italiana hanno fatto in modo che nessun parlamentare (neppure quelli iscritti all’Ordine degli psicologi) abbia avuto la forza – ma ci piace pensare anche la voglia – di occuparsene.
E come non ricordare l’attacco frontale alla nostra associazione, che vide il CNOP impugnare l’iscrizione di AssoCounseling negli elenchi del Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi della Legge 4/2013? Anche in quel caso il tentativo fallì miseramente e, anzi, la batosta fece segnare un duro colpo d’arresto alle pretese del CNOP.
Abbiamo assistito alla stagione della corsa per diventare professione sanitaria, così poi da far leva su una aberrante manipolazione e distorsione del concetto di “salute”, minacciando pene severissime per gli abusivi e paventando danni incalcolabili per la sanità dei poveri e sprovveduti clienti dei counselor.
Abbiamo assistito, dal 2012 ad oggi, a innumerevoli tentativi di boicottaggio del tavolo UNI finalizzato alla scrittura di una norma tecnica sul counseling. Tentativi che hanno visto sia il CNOP sia singoli Ordini regionali tirare per la giacchetta ora il Ministero della Salute, ora il Ministero dello Sviluppo Economico.
Ed è proprio a causa della loro partecipazione al tavolo UNI che Cecilia, Claudia ed Emanuela sono state radiate dall’Albo degli psicologi, ad opera dell’Ordine degli psicologi del Lazio.
E in questa sede intendiamo appena accennare a quelle storture tipicamente italiane che fanno sì che nell’Ordine degli psicologi accusatore, giudice e giuria siano la stessa persona. Storture che rendono possibile un uso spregiudicato di un istituto così delicato come quello del procedimento disciplinare, il quale rischia di divenire arma impropria per colpire avversari o, peggio ancora, per consolidare i propri interessi. Ma storture che, fortunatamente, in attesa di una modifica normativa, potranno essere sanate in un Tribunale della Repubblica.
Vogliamo invece soffermarci su un tema molto caro ai nostri detrattori: la salute dei cittadini e, quindi, anche dei loro pazienti.
Noi counselor siamo stati spesso descritti da esponenti di spicco dell’Ordine degli psicologi ora come “rabdomanti”, ora come “attentatori della salute pubblica” e “truffatori” e più volte questi insulti sono stati accompagnati da un paternalistico “lo facciamo per i cittadini”, perché “i cittadini devono sapere” (cittadini che, evidentemente, sono incapaci di intendere e volere tanto da avere bisogno di un tutore che spieghi loro le cose).
Dopo aver appreso che Cecilia, Claudia ed Emanuela non sono state radiate per aver tenuto una condotta scorretta e disdicevole o ancora per aver cagionato danni ai loro pazienti, ma “semplicemente” per aver espresso all’interno di un tavolo istituzionale (ricordiamolo: tavolo previsto da una Legge dello Stato con lo specifico obiettivo di normare tecnicamente la figura professionale dei counselor) una posizione diversa da quella dell’Ordine di appartenenza, abbiamo almeno un paio di domande.
La prima è: chi si preoccupa di tutelare la salute mentale dei pazienti di queste tre professioniste che da un giorno all’altro non potranno più essere seguiti?
La seconda è: cosa si intende allora per etica nelle professioni e per centralità dell’interesse primario dei pazienti se, per questioni meramente politiche, si crea un danno proprio a quei pazienti che si vorrebbe tutelare?
E poiché ci sorge spontanea un’ultima domanda, ovvero “fino a dove saranno disposti a spingersi?”, siamo convinti, oggi più che mai, che occorra un sussulto di consapevolezza e di partecipazione.
Siamo convinti che occorra uno sforzo convergente da parte di tutti: counselor, psicologi, associazioni di categoria, istituzioni ordinistiche, politica. Non fosse altro che per “realismo”.
Non mancano, a onor del vero, alcuni positivi segnali della volontà di un grande impegno collettivo (AssoCounseling guarda infatti con speranza alla nascita di UNICO e farà di tutto perché questo nuovo coordinamento possa funzionare al meglio), almeno da parte del mondo del counseling.
Ci auguriamo ora un segnale anche dal mondo della psicologia. Speriamo che le tante psicologhe e i tanti psicologi che gravitano intorno al nostro mondo decidano finalmente di alzare la testa da sotto la sabbia e comprendano che è arrivato il momento di schierarsi apertamente e di farsi promotori di un risveglio collettivo.
E poiché quella tecnico-politica è una dimensione necessaria, ci auguriamo infine che anche la politica – da sempre disinteressata a noi – comprenda che arrivato il tempo del fare e del prendere decisioni.
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